Nel contesto di workshop ed eventi sull’Intelligenza Artificiale dedicati agli esperti di comunicazione, rispetto a solo un anno fa, è facile riscontrare empiricamente come il numero delle persone che dicono di aver utilizzato gli algoritmi come supporto alla scrittura o al reperimento di informazioni, anche solo per prova, sia passato molto velocemente da una bassa percentuale alla quasi totalità.
D’altra parte, l’annuale Rapporto Cision sullo stato dei Media[1], che ha raccolto nei primi due mesi del 2024 le risposte di 3.016 intervistati in 19 mercati di tutto il mondo,ha recentemente messo in luce che un giornalista su quattro ritiene l’AI una delle sfide più significative per il futuro delle redazioni e che un giornalista su due la utilizza già abitualmente, per la ricerca di contenuti o per creare prime bozze di articolo.
Questa vera e propria rivoluzione tecnologica che interessa, quindi, trasversalmente tutte le parti in gioco e i mercati della comunicazione – da chi produce contenuti marketing ai giornalisti, dai comunicatori d’impresa agli specialisti di social media – a fronte di evidenti opportunità presenta rischi ancora incerti, a maggior ragione se gli stessi sviluppatori dell’AI ammettono che nessuno ha piena contezza di dove essa potrà portare.
Con l’approvazione dell’AI Act, primo regolamento al mondo relativo ai sistemi di Intelligenza Artificiali, il parlamento Europeo ha voluto prendere posizione su alcuni punti che riguardano da vicino anche la comunicazione (tra tutti, la necessità di trasparenza quando si è di fronte ad un contenuto generato dall’AI, il contrasto alle deep fake, la tutela del diritto d’autore, .. ), con l’obiettivo di garantire un’informazione corretta e di proteggere la nostra società dagli usi deviati di questa tecnologia. Nel frattempo, l’incredibile velocità con cui essa progredisce rende necessari frequenti e successivi aggiornamenti: ciò che scriviamo oggi sull’AI probabilmente sarà superato nel giro di pochi mesi.
L’utilizzo dell’AI in campo della creazione di contenuti è alla scoperta di nuove, affascinanti possibilità.
Nel supporto all’editoria e agli autori, ad esempio, iniziano a configurarsi inediti scenari di fruizione.
Ad esempio, la piattaforma editoriale TALIA.CLOUD, ideata e sviluppata da TALIA, spin off del CNR ILC Istituto di Linguistica Computazionale di Pisa, e da GruppoMeta, controllata di ETT SpA, grazie alle tecnologie IA di linguistica computazionale (Natural Language Processing) consente di migliorare la leggibilità di un testo rispetto a un pubblico generico o ad un pubblico specifico, di interconnettere la conoscenza, creando percorsi di lettura rilevanti per i lettori. Ogni pagina diventa, così, una scena di cui l’autore può creare la mappa; il lettore – ad esempio, un giovane studente che voglia sperimentare un nuovo metodo di apprendimento vicino alle sue esigenze – può scegliere la sua personale, originale strada, mentre si conserva la authorship attribution.
La possibilità di personalizzare le proposte nel campo del marketing da parte di algoritmi di machine learning, che suggeriscono ad un utente contenuti sempre più profilati sulle sue preferenze, è ormai una realtà sperimentabile tutti i giorni e si raffina molto rapidamente – pensiamo alle piattaforme di contenuti video e musica o di e-commerce. L’utilizzo dell’AI nel marketing e nella customer journey avrà una rilevanza sempre più decisiva: dati sull’area EMEA raccolti in un recente studio[2] mostrano come le due principali aree in cui attualmente si integrano le GenAI siano già per il 42% le customer-facing applications e per il 32% i digital marketing tools.
L’AI può sicuramente automatizzare molte attività ripetitive, liberando tempo per i professionisti della comunicazione, ed è molto probabile che nei prossimi anni saranno particolarmente apprezzate le competenze d’utilizzo dell’AI per evitare perdite di tempo e migliorare l’efficienza delle strategie, ad esempio elaborando in tempo reale grandi quantità di dati utili a segmentare l’audience multicanale.
La creazione di contenuti autorevoli, in contrasto con l’utilizzo indiscriminato di chatbot di Open AI per la composizione di testi ed articoli finali che spesso produce risultati discutibili, può invece utilizzare strumenti di AI per raccogliere informazioni e spunti, senza mai dimenticare che occorre una severa verifica delle fonti e dei dati originali. Queste attività, se lasciate in gestione alla sola AI, risentono infatti degli errori e dei bias che, a causa dei limiti nell’addestramento degli algoritmi, sono molto presenti nella stesura di testi tematici.
Come ha dichiarato in una memorabile intervista a Repubblica [3]Federico Faggin, inventore del primo microprocessore e pioniere delle reti neurali, l’IA “dev’essere usata da persone che la sanno più lunga di essa, altrimenti potrebbe ingannarle, non perché abbia intenzioni malvagie, ma semplicemente perché non capisce ciò che dice”.
La coscienza del significato e l’esperienza, infatti, sono propriamente umani e sono alla base della comunicazione stessa.
[1] Rapporto sullo stato dei media 2024, Cision Ltd, 2024
[2] Neil Ward-Dutton, Ewa Zborowska, Melih Murat, GenAI in EMEA 2024, International Data Corporation (IDC), 2024
[3] Federico Faggin: “Perché l’intelligenza Artificiale ha bisogno dell’uomo”, intervista di Giulio Laroni, La Repubblica, 16 febbraio 2024.
a cura di adriana Ferrari
Chief Communication Officer